Perché questo sito sull’errore giudiziario?
Accade talvolta che il corso della vita di una persona venga cambiato per sempre, in modo irreversibile dall’errore giudiziario. E quando questo accade, un’esistenza viene stravolta, in duplice modo.
Infatti, chi viene condannato per un crimine che non ha commesso, muore due volte: una prima volta dentro di sè, per la rabbia di scontare una pena ingiusta e una seconda volta davanti a quella società che è certa che abbia ucciso, o peggio.
E poi c’è il carcere e la fine sociale e spesso affettiva. Perché in carcere è vero, la vita va avanti, ma scorre fuori dal mondo, dimenticata e così anche gli affetti a volte cadono nella spirale del tempo che trascorre.
E’ naturale che in ognuno di noi ci sia una forte resistenza a credere che la giustizia, non possa e non debba mai sbagliare; essa infatti assicura, attraverso l’osservanza della legge, l’ordine fra i consociati e dunque assicura la sopravvivenza della società stessa ed il suo miglioramento sotto il profilo dei valori.
Perciò ammettere l’errore da parte dell’istituzione preposta ad assicurare l’ordine, pone in dubbio la solidità dell’ordine stesso e con esso la nostra sopravvivenza.
Ma il non ammettere l’errore giudiziario significa tradire due volte lo Stato: una prima volta perché in nome Suo si è sbagliato e una seconda volta perché non è stato insegnato agli altri operatori che potrebbero essere più prudenti per non incorrere nell’errore.
Di qui l’esigenza talvolta di trovare un colpevole, a tutti i costi, come se la macchina della giustizia dovesse dimostrare di aver svolto il proprio compito portando un risultato concreto, come se la società che guarda attonita l’orrore del delitto trovasse una sorta di rassicurazione e compensazione per la perdita subita, attraverso l’individuazione di un capro espiatorio, più o meno effettivamente colpevole.
Tuttavia, la tranquillità che infonde una condanna, o un’assoluzione, se non supportata dalla verità, può diventare la più destabilizzante delle menzogne.
Gli errori giudiziari che sono stati accertati, sono moltissimi, e ancora di più sono quelli che rimarranno ignoti, vuoi perché il condannato non ha i mezzi per avvalersi dell’avvocato, vuoi per la mancanza di professionalità dell’avvocato stesso.
Consideriamo nel merito errore giudiziario non solo l’esito errato di un procedimento, ma anche e precedentemente l’errata modalità con la quale si è proceduto verso quel risultato. Dunque, per evitare o quanto meno allontanare lo spettro dell’errore giudiziario, esiste un’unica via da percorrere: è necessario recuperare un’effettiva parità tra le opposte forze che si scontrano nel procedimento penale e per fare ciò la difesa deve interiorizzare il portato delle norme di cui agli artt. 327 bis e 391 bis e seguenti del codice di procedura penale, e quindi considerarsi investita della facoltà – dovere di “svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito” ( art. 327 bis I comma ) e fare ciò “ in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione” ( II comma ).
L’avvocato difensore deve riuscire a ripensare il suo ruolo dopo quasi vent’anni dal 24 ottobre 1989 data di entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale di ispirazione accusatoria, alla luce del titolo VI bis del Codice di Procedura Penale, per essere un effettivo contraltare del Pubblico Ministero, per non lasciare cioè che la verità processuale sostituisca la verità reale a causa di un’attività d’indagine unilaterale volta soltanto a sostenere l’accusa in giudizio, contrariamente a quanto disposto dall’art. 358 del codice di procedura penale, che impone, anzi imporrebbe, dal momento che si tratta di norma pressoché inosservata, al Pubblico Ministero, e così il condizionale è d’obbligo, vista la reiterata e abituale violazione di tale norma da parte degli organi inquirenti di svolgere “ altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini ” ( art. 358 del Codice di Procedura Penale ).
Solo attraverso un’attività di indagine difensiva svolta nella consapevolezza del proprio ruolo di pubblico ufficiale, nell’espletamento degli atti di indagine, l’avvocato difensore potrà concretamente determinare una diversa e più equilibrata distribuzione dei poteri all’interno del processo, assicurando l’esistenza di una spinta uguale e contraria a quella esercitata dall’accusa, in modo da allontanare il rischio o quanto meno limitare i danni della condanna di un innocente come dell’assoluzione di un colpevole.